CoolCity_Survey.Chiatamone.AcquaFerrataSpring

15.07.2021 – The first inspection carried out with Tiziana Di Bonito and the technicians team of the Municipal Heritage Office to assess the consistency and condition of the property owned by the Municipality of Naples.

6.08.2021 – The second inspection was carried out with the support of Salvatore Balestiere of the Heritage Office of the Municipality of Naples with the CoolCity_MediaTeam compesed of Professor Nicola De Pace (Rhode Island School of Design), Valentina Albano (Leica-Geosystem), Osvaldo Balestrieri (Local Expert), Bianca Capece (Archeologist), Antonella Feola and Mario Cristiano (Centro Speleologico Meridionale), Daniela Allocca (Indipendent Researcher), and Mauro De Pascale and Fabio Bencivenga (ABC–Aqueduct of Naples).

The underground spaces are located at a lower level then via Chiatamone. Access to the site ceased in 1973 because it was mostakenly thought that the distribuition of the iron watwer (acqua ferrata) of this spring was responsible of the spread of the cholera contagion. During this recent inspections, numerous unauthorized interventions were found by the technicians of the Municipality of Naples, presumabley carried out by the adjacent hotels that are renting from the Municipality the entire stripe of soil between via Chiatamone and via Partenope and had free access for almost half a century. At the lowest level, right below the via Chiatamone were the spring spills, the room is completely filled with water at the level of 1,90cm.

17.03.2022 – with the supervision of Pasquale Calabrese of the Neapolitan Aqueduct Company (ABC), a technical survey has been implemented to understand the interventions necessary to intubate the water source and convey the overflow into the sewer.

Sorgente di Acqua Ferrata del Chiatamone.

Chiatamone deriva dalla parola greca platamón che indica una roccia marina scavata da grotte. Il costone tufaceo del Monte Echia, a ridosso della via Chiatamone è caratterizzato infatti da numerose caverne già abitate in età preistorica, alcune contraddistinte dalla presenza di acqua sorgiva. Qui fu Phalerols, Partenophe, e poi Palepoli, prima di fondersi con Napoli. Una vera e propria strada sul mare fu realizzata solo nel periodo aragonese. Con la costruzione del Casino Reale settecentesco attorniato da platani e lecci, il Grand Hotel Hassler ed altri edifici residenziali che affacciavano direttamente sul mare, la strada, già molto frequentata dal popolo, diventò una delle più eleganti della città.

Nel 1869 con la realizzazione della nuova litoranea promossa dall’allora Sindaco di Napoli Domenico Capitelli e dall’imprenditore belga il Barone Herman Du Mesnil, incominciarono i lavori dell’odierna via Partenope parallela all’antica via Chiatamone. Altre colmate a mare hanno successivamente occultato sotto il nuovo edificato le numerose sorgenti presenti tra Santa Lucia e il Chiatamone. Ma l’Acqua Ferrata del Chiatamone ha continuato ad essere utilizzata dai napoletani, particolarmente dai luciani (abitanti di Santa Lucia) che ne facevano commercio trasportandola nelle famose giare di terracotta denominate mummare.

Con la costruzione del Grand Hotel Royal Continental progettato da Castagnaro e costruito nel 1911 ci furono nuovi tentativi di privatizzazione della sorgente, ma una fascia di rispetto dalla via Chiatamone alla via Partenope odierna, di proprietà del Comune di Napoli, continuò a garantirne l’utilizzo pubblico.

Gli albergatori, la nuova borghesia e la nuova cultura instauratasi in città, sollecitarono ripetutamente e con insistenza la chiusura della sorgente e la regolamentazione per l’approvvigionamento e il commercio delle mummare, ma le insistenze dell’opinione pubblica e dei luciani acquaioli fecero più volte fallire i tentativi.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, a causa dei danni subiti dai bombardamenti furono demolite le vecchie costruzioni e sorsero nuove polemiche contro la privatizzazione del bene con il subentrare dei nuovi proprietari. Solo nel 1973 con il colera a Napoli e la demonizzazione dell’acqua come fonte untrice dell’epidemia viene definitivamente vietato l’accesso alla sorgente. I lavori di ricostruzione degli alberghi terminano nel 1976 da progetto di Izzo e Gubitosi.

Da allora lo spazio giace silente e nascosto sotto terra.

Quando i primi coloni greci entrarono nel Golfo, avvicinandosi alla costa ebbero subito coscienza della ricchezza del territorio e dell’abbondanza delle acque presenti sulla costa. La scelta per la fondazione di un avamposto commerciale fu certamente dettata dalla favorevole posizione strategica nel golfo, dalla facilità di riparo per le navi, ma anche dalla ricca presenza di acque, già conosciute e sfruttate dalle precedenti popolazioni locali.

Phaleros prima, Partenophe poi, Neapolis oggi, inglobano nella loro genesi le sorgenti affioranti nelle caverne della collina sovrastante, il Monte Echia, Pizzofalcone, Monte di Dio. La storia della città è intrisa delle sue acque. Napoli resiste da tre millenni grazie alle abbondanti risorse idriche che caratterizzano la sua natura geologica e fisica.

 

Le sorgenti che affiorano sulla costa del Golfo, i fiumi, i torrenti e i laghi che scandiscono la sua orografia, sono stati nascosti dall’urbanizzazione degli ultimi 150 anni e oggi sono completamente dimenticati dalla popolazione. Sono certamente apprezzate per qualità e fama le acque minerali imbottigliate dalle numerose etichette commerciali. Del tutto disprezzate sono invece le acque della falda che attraversa la città e che erano tra le più declamate e mitizzate nella storia locale, come quelle che si manifestavano tra la Collina di Pizzofalcone e l’Antica Santa Lucia.

Per descrivere le qualità eccellenti delle sorgenti presenti tra i lidi di Santa Lucia e la Real Casina di Chiatamone per l’Esposizione Italiana in programma a Firenze nel 1861, si citava l’acqua l’Acqua Ferrata del Chiatamone come acqua acidula ferrigna. Si scriveva sgorgasse presso “la Real Casina di Chiatamone”, all’epoca unico edificio sorto verso il mare su via Chiatamone, “quasi rincontro Castel dell’Uovo”. “Si perviene alla sorgente per scala stretta e poco decente che mena in una maniera di grande incavo da cui a destra sorge dal tufo vulcanico copiosamente l’acqua con bollichio, svolgendo acido carbonico; il quale spesso cresce in qualità siffatta da impedire quasi di raccoglierla: e ciò massime né forti perturbamenti atmosferici”. Le sue qualità fisiche erano sintetizzate così: “è limpida, di lieve odor pungente, di sapore razzente e ferrigno.

 

All’aria si intorbida e dà giù un sedimento tenue che dopo qualche tempo si fa gialligno. Segna + 17° R. Il Ricci vi trovò principalmente: acido carbonico, bicarbonato sodico, calcico, ferroso; ed il Lancellotti, vestigia di joduri alcalini. Riesce ricostituente e tonica. Se ne fa molto uso in Napoli, massime dalle donne, e da più mescendola al vino. Si amministra non pure per bevanda, ma per abluzioni né recenti prolassi detll’utero e per bagni nella incipiente rachitide. Di quest’acqua anche si fa traffico da persone del volgo ne’ mesi estivi”. Quest’acqua, così come l’acqua suffregna o del Fontanello di Santa Lucia, veniva raccolta, distribuita e venduta in giare di terracotta di varie grandezze. Artisti giunti a Napoli da tutto il mondo si sono cimentati con affreschi, quadri, sculture, cartoline e fotografie che ci riportano l’usanza delle “mummare” per la conservazione e la diffusione di queste acque in tutto il Golfo.

 

Anche i tradizionali banchi dell’acqua erano soliti rivendere queste famose e salvifiche risorse idriche locali. La progressiva e inesorabile decadenza delle acque minerali di Napoli è contrassegnata dalla costruzione della nuova linea di costa, che stravolge la proprietà demaniale favorendo i proprietari delle nuove costruzioni edificate.

La progressiva e inesorabile decadenza delle acque minerali di Napoli è contrassegnata dalla costruzione della nuova linea di costa, che stravolge la proprietà demaniale favorendo i proprietari delle nuove costruzioni edificate. Così scomparve la splendida Santa Lucia e molti luciani, perseguitati come sostenitori del re Borbone e orfani del loro mare, emigrarono in massa verso New York.

Sulle macerie del Secondo Dopoguerra provarono ancora a mettere le mani su queste acque, animando un’accesa discussione, con l’opinione pubblica che contrastava la privatizzazione del bene. Il colera del 1973 fu l’occasione propizia per vietare l’utilizzo di quell’acqua, demonizzata come principale causa del contagio e chiudere la Sorgente. Nel 2022, a contratto di locazione scaduto, la società del Royal Continental propone l’acquisto della striscia di terra tra via Partenope a via Chiatamone di proprietà del Comune di Napoli per un prezzo stimato al valore di mercato di c.a 460.000,00€

 

Nel 2023 scade la concessione che il Comune di Napoli ha con la Regione Campania per l’utilizzo della sorgente minerale.

Con l’auspicio che la procedura di Interesse Culturale porti nuova linfa per:

– il recupero per un ri-uso sostenibile delle acque sorgive affluenti sotto la Collina di Pizzofalcone e al Chiatamone, oggi versate in mare.

una programmazione di interventi per il miglioramento della fruizione turistico-ambientale dell’area compresa tra Santa Lucia, il Pallonetto, la Collina di Pizzofalcone e il Chiatamone, con un’attenzione al rapporto ancestrale di queste zone con le acque locali.

– lo studio e il monitoraggio delle pregiate acque di Santa Lucia (suffregna) e del Chiatamone (ferrata); nel caso in cui la qualità di queste acque fosse compromessa da cause locali di inquinamento, si progetterebbero interventi per la riduzione dell’inquinamento delle acque e la salvaguardia dell’ambiente acquatico e degli ecosistemi a esso connessi. Le informazioni acquisite durante le fasi di studio verranno condivise e comunicate.

la diffusione della cultura dell’acqua alle generazioni future, evidenziando il ruolo che queste acque hanno avuto nella realizzazione della cultura locale e la necessità di conservarne l’integrità, per il bene di tutta la città.

 

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