Il vuoto proprio è un esercizio di pensiero sugli spazi urbani vuoti che si concentra sulle aree di sedime risultanti da crolli o demolizioni di proprietà privata in cui il Piano Regolatore Generale di Napoli prevede la ricostruzione a parità di volume per attrezzature pubbliche e/o di uso pubblico. Il laboratorio ha guardato alla natura del vuoto come uno spazio in divenire, capace attraverso le visioni raccolte di attivare e ripetere una pratica collettiva dell’immaginario, forma fondamentale di uso pubblico dello spazio.
L’obiettivo è proprio segnalare questi luoghi invisibili, riportarli alla luce attraverso la raccolta e la condivisione dei dati. La ricerca della cartografia storica, delle fonti letterarie, delle testimonianze orali della comunità locale, la pratica dei luoghi, spesso chiusi ed inaccessibili, il guadagnarne la visione, intercettare le istanze locali, sono tutte pratiche che se condivise contribuiscono a creare un immaginario comune, presupposto per il riconoscimento e la possibile trasformazione degli spazi oggetto di studio.
Rendere accessibile i dati raccolti e sintetizzare, attraverso la pratica laboratoriale, l’elaborazione di segni che manifestino l’esistenza di questi spazi.
Le aree di interesse (Vico S. Petrillo. Vico S. Petrillo angolo via S. Giuseppe dei Ruffi, vico Gerolomini, vico Panettieri), sono il risultato del bombardamento del 20 febbraio 1943, noto anche come “massacro di Via Duomo” che coinvolse prevalentemente l’area compresa fra via Duomo, Forcella, i Tribunali e via Foria.
Nonostante la repentinità degli attacchi, i civili riuscirono a trovare riparo nelle cavità del sottosuolo napoletano, utilizzate come rifugio.
I ricoveri a cui potevano accedere gli abitanti del Decumano erano siti in: piazza S. Gaetano, all’entrata del monastero di S. Gregorio Armeno e “dal cortile del palazzo principesco nel Largo Avellino all’Anticagliai.
All’ingresso del ricovero in piazza S. Gaetano, proprio nel quartiere S. Lorenzo, accadde che la folla, presa dal panico, si ammassò all’ingresso dei ricoveri. La confusione fu tale che tantissimi cittadini morirono schiacciati dalla calca. Quando i luoghi furono sgombrati dalle macerie i giornali pubblicarono l’elenco dei 186 caduti e oltre 500 feriti.
Un’installazione collega le aree e le tiene insieme nella memoria seguendo le tracce dei bombardamenti. L’intento è renderle visibili oltre le alte mura (Vico Panettieri, Vico Gerolomini) o a prescindere dall’attuale destinazione che nasconde la natura stessa del vuoto (parcheggi di Vico S.Petrillo): gli spazi esistono attraverso il racconto che ne facciamo.
L’area di sedime posta a nord, nascosta da una cortina di grande altezza che corre sul vico Panettieri, è occupata da un giardino privato, che abbiamo potuto osservare dall’alto. L’accesso è consentito da un appartamento con ingresso sulla via Duomo.
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L’area di sedime che troviamo invece nella parte sud di Vico Panettieri è occupata da un volume in cemento armato di un solo piano, in passato sede di una vetreria, oggi adibito ad usi misti: parcheggio di automobili e motorini e sede di un circolo privato.
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Il Vico Panettieri ha mantenuto inalterata la sua conformazione nel tempo. Già dalla Mappa del Duca di Noja si evidenzia la natura di vicolo stretto tra due cortine chiuse e compatte.
Il Celano ci racconta che Vico dei Panettieri era precedentemente chiamato De’ Mosconi ed ha assunto il nuovo toponimo verso la fine dal secolo XIV per la presenza nelle vicinanze dei forni pubbliciii.
La Guida del forestiere per le cose più rimarchevoli della città di Napoli, lascia intendere che in corrispondenza del vico Panettieri ci fossero acque che scorrevano fin sotto al Monastero del Divino Amore, e che venivano impiegate per muovere i muliniiii.
Sapevate che Vico dei Panettieri ha ispirato la canzone Carmela di Salvatore Palomba, musicata da Sergio Bruni?
Abbiamo lavorato qui sul bordo, sul tufo che sale alto e cieco fino al cielo e che nasconde il giardino. L’intervento ha il senso ulteriore di mettere in rete le aree evidenziando l’azione bellica che ha modificato il tessuto urbano. A simboleggiare la deflagrazione della bomba che nel ’43 distrusse l’isolato, si è pensato di realizzare un’installazione di schegge dorate che, per questo sito, è collocata sulla parete est del Vico Panettieri.
L’accessibilità ai dati raccolti avviene attraverso l’utilizzo di un QR code, apposto alla parete e sottolineato dalla presenza di orme sul selciato come contrappunto all’inacessibilità dei luoghi. Abbiamo inoltre immaginato di poter trasformare il tetto della ex vetreria, in un area verde dove riposare almeno gli occhi.
i Cfr., C. De Frede, Il Decumano Maggiore da Castelcapuano a San Pietro a Maiella. Cronache napoletane dei secoli passati, Napoli, Liguori editore, 2005.
ii Carlo Celano, Delle Notitie del Bello, dell’Antico e del Curioso della città di Napoli per i signori Forastieri, Giornata Seconda, p. 46, 1724
iii Filippo Marzullo, Guida del forestiere per le cose più rimarchevoli della città di Napoli, Napoli 1823, pag 27